giovedì 26 luglio 2012

I miei no al referendum contro le materne paritarie

A Bologna dunque ci sarà un referendum per chiedere ai cittadini come preferirebbero usare «le risorse finanziarie comunali che vengono erogate secondo il vigente sistema delle convenzioni con le scuole d'infanzia paritarie a gestione privata», se «per le scuole comunali e statali» o «per le scuole paritarie private». 
Lascio da parte l’amarezza per gli appelli caduti nel vuoto ad evitare una contrapposizione che somiglia ad una guerra fra poveri e le considerazioni sui tanti modi migliori per spendere i 500 mila euro che costerà al Comune il referendum. Prendo atto che i promotori del referendum ritengono evidentemente fondamentale la questione. Affrontiamo dunque la discussione sul merito, con rispetto reciproco ed anche col rispetto della verità, dell'intelligenza e del buon senso. Conosco e rispetto la passione civile di diversi esponenti del Comitato art. 33. In passato alcuni di loro apprezzarono alcune mie prese di posizione. Il fatto che su questa battaglia ci troviamo su fronti opposti spero non ci impedirà un confronto ed un ascolto reciproco attento e sincero.
Ecco alcuni motivi per il mio no convinto al referendum.
1) La difesa della scuola pubblica è la mia battaglia. La divisione sul referendum non è fra sostenitori della scuola privata e difensori della scuola pubblica. Prima di tutto perché qui stiamo parlando di scuola dell’infanzia e non di scuola dell’obbligo. Poi perché sul rapporto fra scuole a gestione pubblica e privata vi sono tre orientamenti principali: c’è chi vorrebbe eliminare ogni distinzione fra pubblico e privato (la destra); c’è chi vorrebbe statalizzare tutto (la sinistra radicale, in sintonia coi promotori del referendum); c’è chi difende la centralità del controllo pubblico nel quadro di un sistema scolastico pubblico integrato di cui anche le convenzioni di cui stiamo parlando fanno parte (la sinistra riformista, cioè il PD).
2) La scelta del sistema scolastico pubblico integrato è costitutiva del PD. Spesso si dice che al PD manca una linea politica chiara su alcuni argomenti, e si mette in luce il faticoso dibattito per giungere a sintesi. Ma in questo caso fortunatamente la linea c’è, fin dalla fondazione. Basta leggere il manifesto dei valori del PD: «Il Partito Democratico sostiene un sistema scolastico pubblico integrato, imperniato sulla valorizzazione del ruolo educativo degli insegnanti, e in grado di garantire un’elevata qualità dei percorsi formativi» (al punto 6, il grassetto è nel documento).
3) Quella scelta è nel manifesto dei valori del PD perché si tratta di un risultato raggiunto nella stagione dell’Ulivo. È infatto un concetto centrale della legge di riforma Berlinguer del 1997 (governo Prodi), anticipata alcuni anni prima proprio dal sistema di convenzioni con le materne paritarie di cui stiamo parlando: anno 1995, sindaco Walter Vitali, assessore alla scuola Rosanna Facchini. Insomma, è un pezzo di storia bolognese e del DNA ulivista del PD quella che oggi si vorrebbe buttare via.
4) Naturalmente è legittimo che altri partiti abbiano un’opinione diversa, e peraltro è proprio il rifiuto della sintesi culturale che ha dato vita al PD che ha motivato la nascita di alcune di queste forze politiche. Ma chi oggi propone di destinare quel milione di euro alle comunali ha il dovere di spiegare come pensa di dare risposta ai 1736 bambini (quelli che attualmente frequentano le paritarie anche grazie al piccolo finanziamento comunale) che verrebbero di fatto messi fuori gioco dal provvedimento che propongono. Ma sulle risorse c’è da dire di più.
5) Guardiamo ai numeri: nelle materne bolognesi 1495 bambini frequentano una statale (18%), 5137 una comunale (61%), 1736 una paritaria (21%). Le nostre materne statali sono un terzo della media nazionale (57%) e meno della metà di quella regionale (47%) ma questo pare non essere percepito come un problema. Il Comune si accolla un peso enorme (il triplo della media regionale che è circa il 20%) con un costo a bambino di circa 6200 euro (32 milioni complessivi). Il milione speso per le paritarie rappresenta circa il 3% della spesa comunale per le scuole materne e se venisse speso per sezioni comunali consentirebbe di servire solo 170 bambini, mentre invece le paritarie sono frequentate da un numero dieci volte più alto, con una spesa media per il Comune di 610 euro a bambino. In questo contesto sarebbe ragionevole anzitutto chiedere una maggior copertura statale, non certo andare a colpire la parte relativa alle scuole paritarie.  
6) Bologna ha la percentuale più alta di materne comunali. Tre quinti è un valore enormemente più alto non solo rispetto a luoghi lontani con tradizioni diverse, ma anche a tutte le altre realtà della nostra Regione, che tipicamente tendono all’equilibrio un terzo (statale) – un terzo (comunale) – un terzo (paritarie). Questa nostra particolarità, che si esprime dai nidi fino alle scuole superiori (Aldini Valeriani), esprime certo un grande valore civile, ma non è priva di effetti dal punto di vista finanziario, anche in ragione dell’andamento dei trasferimenti statali. Alla fine, paragonando la spesa a quella di una città simile per dimensione come ad esempio Firenze, si scopre un differenziale finanziario attorno agli 80 milioni di euro (dati di un paio di anni fa ma nella sostanza ancora validi), ovvero soldi che Firenze ha in più per la manutenzione della città e per iniziative di ogni genere, e che Bologna ha in meno a causa del suo impegno sul sistema educativo. Quando ascoltiamo i bolognesi che si lamentano per le buche nelle strade dovremmo tenerne conto. Ora il referendum mira a peggiorare ulteriormente questo enorme squilibrio.
7) Viviamo peraltro in un momento di crisi e spending review in cui appare chiaro che occorre fare di più con meno risorse. Prima di tutto occorre tagliare gli sprechi, verissimo, ma serve anche un ripensamento complessivo rispetto a cose che abbiamo dato finora per scontate, sbagliando. Invece qui il referendum ci spinge a fare di meno con più risorse, l’esatto contrario di quanto dovremmo fare.
8) Le scuole comunali sono esse stesse paritarie. Questo significa che per lo Stato le materne comunali sono come le paritarie cui i referendari vorrebbero togliere le convenzioni. Cosa chiederebbero allo Stato i promotori del referendum? Di tagliare i finanziamenti alle paritarie (anche alle comunali quindi) per destinare quei fondi alle scuole statali? O per loro le comunali non sono paritarie come le altre? Penserebbero lo stesso se invece di vivere a Bologna fossero cittadini di Adro, il comune in cui il sindaco leghista ha fatto mettere il simbolo padano sulla scuola?
9) Il sistema delle convenzioni consente di esercitare al meglio un controllo pubblico di qualità anche sulle scuole materne non gestite direttamente dal Comune o dallo Stato, concetto rafforzato dall’ultima delibera del Comune di Bologna. Chi propone di tagliare le convenzioni in nome di un malinteso primato del pubblico, vuole tornare a dividere un settore che ha dimostrato da oltre 15 anni di saper funzionare in modo integrato.
10) Il fatto che molte scuole paritarie siano cattoliche non è certo il motivo per cui difenderle, né spero sia la motivazione per cui vengono attaccate. Qui è in gioco l’aspetto sociale e non altro, e bisognerebbe smettere di usare l’aggettivo cattolico a sproposito come capita di frequente in politica. Personalmente, cerco sempre di farmi carico del tutto e non solo di una parte, ed anche questo è il caso. Piuttosto, visto che qui viene attaccato un punto di sintesi fra culture diverse che è centrale per il PD, credo che la sua difesa debba stare a cuore a tutti coloro che ritengono l’ispirazione plurale del PD una ricchezza e non un difetto.
11) La sussidiarietà è un bene, se realizzata nel modo giusto: non è né un tabù e nemmeno un male necessario. Disporre e valorizzare le risorse presenti nelle società all’interno di un disegno unitario di cui la collettività (il pubblico) ha la guida ed il controllo (e nel caso scolastico una fetta fondamentale della gestione), è una delle sfide più belle ed interessanti che abbiamo di fronte. E’ sbagliato mettere la sussidiarietà in contrapposizione alla valorizzazione del pubblico. Dobbiamo riconoscere e valorizzare l’enorme patrimonio presente nella scuola pubblica, su questo c’è tantissimo da fare! Per farlo non occorre però disconoscere il contributo che può arrivare da iniziative private che si pongono non l’obiettivo di fare cassa ma quello di mettersi a servizio della comunità.
12) Francamente queste ondate ricorrenti di statalismo e antistatalismo cominciano a far venire il mal di mare. Fra chi vorrebbe privatizzare di tutto e di più, e chi invece vorrebbe statalizzare ogni cosa, esiste la strada di un riformismo possibile, moderno e non subalterno. Una strada da affermare anche facendo la fatica di spiegare che a volte gli slogan facili non bastano a risolvere problemi che ahimè si ostinano ad essere complicati. Scommettendo sul fatto che il buon senso possa aver ragione dell'enfasi ideologica. Col coraggio di fare a viso aperto delle battaglie che avremmo preferito non dover nemmeno combattere, come quella su questo referendum.

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